La stitichezza, o stipsi, consiste in un’emissione difficoltosa e poco frequente (meno di tre volte al giorno) di feci dure, accompagnata da sensazione di svuotamento incompleto. È detta cronica quando perdura da almeno sei mesi. Disturbo piuttosto comune nella popolazione generale, almeno nella sua forma occasionale, tende a essere più frequente dopo i 65 anni: secondo dati di letteratura, ne soffre tra il 15 e il 20% della popolazione generale, ma a esserne particolarmente soggetti sono gli anziani allettati e residenti nelle case di riposo. La sedentarietà e la tendenza a bere meno liquidi sono infatti le maggiori responsabili del fenomeno nella terza età. In età adulta, invece, ne sono molto più soggette le donne: la ragione sembra trovarsi nel particolare assetto ormonale dell’età fertile. Quando il disturbo è transitorio, la ragione va ricercata in un’alimentazione scorretta e povera di fibre, specie quando l’apporto di liquidi è insufficiente (meno di due litri e mezzo di acqua al giorno): ciò può dar luogo a disbiosi, cioè un’alterazione temporanea della flora batterica intestinale. Esiste poi una condizione causa di forte disagio che può portare a stitichezza cronica: è la sindrome dell’intestino irritabile. Questa patologia, le cui cause non sono ancora completamente chiare, dà luogo a un’alterata motilità intestinale: in alcuni soggetti può produrre diarrea cronica, in altri stitichezza accompagnata da meteorismo, dolore e gonfiore addominale. Molti pazienti riescono a convivere con questa condizione, mentre in altri la stitichezza condiziona pesantemente la vita quotidiana: può, per esempio, limitare le occasioni di socialità. La stitichezza non deve assolutamente essere ignorata, specie nei pazienti anziani, quando compaia improvvisamente in chi non ne ha mai sofferto. In questi casi, infatti, può essere prodotta da un’ostruzione dell’intestino: una colonscopia è quindi necessaria a escludere, per esempio, la presenza di formazioni neoplastiche a livello del colon.