Si sente spesso parlare di andropausa come equivalente maschile della menopausa, eppure da un punto di vista scientifico la capacità riproduttiva maschile non ha limiti di età. È però vero che dopo i 40 anni i livelli di testosterone calano fisiologicamente con conseguenti cambiamenti nella vita dell’uomo. Inoltre con l’avanzare dell’età aumentano i disturbi a carico della prostata, e in particolare l’iperplasia prostatica benigna: un aumento di dimensioni della ghiandola che provoca necessità di urinare frequentemente e sensazione di mancato svuotamento della vescica. La patologia colpisce circa il 5-10% dei quarantenni e fino all’80% degli uomini tra i 70 e gli 80 anni. Trattandosi di una condizione cronica, comunque trattabile farmacologicamente, deve essere controllata nel tempo. Un monitoraggio della ghiandola, nel corso di una normale visita urologica, è comunque consigliato a tutti già dai cinquant’anni, anche in un’ottica di prevenzione del tumore prostatico, che nei maschi occidentali è la neoplasia più comune e la seconda causa di morte oncologica dopo il carcinoma polmonare. Secondo dati dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, nel 2020 sono state registrate più di 36mila nuove diagnosi a livello nazionale. Con l’età aumentano anche i casi di patologie del pene, in particolare la disfunzione erettile: uno studio italiano citato dalla Società Italiana di Andrologia e di Medicina della Sessualità mostra che a soffrirne sia, in forme più o meno gravi, il 12,8% della popolazione con un incremento proporzionale all’età: oltre i 70 anni ne è colpito il 48% dei maschi italiani. Con l’invecchiamento, specie in presenza di deficit erettile, si possono manifestare anche fibrosi dei corpi cavernosi che provocano deformazioni del pene o curvature patologiche in erezione. Una specifica forma di fibrosi dei corpi cavernosi è poi presente nella malattia di Peyronie, che tuttavia può manifestarsi già prima dei quarant’anni.